Fuga dall'over-turismo.
È doveroso iniziare questo articolo con la premessa che il suo titolo è un omaggio al nome dello spettacolo di Giulio Armeni (su Instagram @filosofia_coatta) – che consiglio spassionatamente di seguire, per entrare nella nicchia dell’approccio filosofico al meme – “Fuga dall’Algoritmo”.
Prendo in prestito l’espressione in quanto mi piace pensare che come l’algoritmo (che è una cosa che siamo noi, in un certo senso, a forgiare, per poi esserne perseguitati), anche il turismo di massa non esisterebbe se ogni anno fiumane di gente non si riversassero in località ormai sature di persone in visita, rendendo così l’esperienza ingodibile anche alle stesse.
A tal proposito, segnalo un video molto interessante e ben fatto, che approccia l’argomento con l’intento di esaminarne la natura e gli effetti, del canale Youtube NovaLectio (ciao Albi se mi stai leggendo!).
Lo sappiamo, molte destinazioni che soffrono del c.d. overtourism ne traggono allo stesso beneficio, essendovisi ormai stabilite attività che dipendono in gran parte dall’affluenza di turismo stagionale quale fonte di introiti che ne assicura il sostentamento per il resto dell’anno.
Eppure l’idea di andare in Puglia, ad agosto, non è più così allettante.
Venezia? Barcellona? Code, sudore e gli insulti di chi risiede in città non fanno per voi.
Ormai nemmeno prendere un aereo per andare dall’altra parte del mondo sembra essere una buona idea: il Giappone, a marzo, dove attendere ore di code anche solo per guardare un fiore di ciliegio, non è una meta che vi sentite di considerare. Ok, no, forse l'esempio nipponico non è dei migliori, si tratta pur sempre del viaggio che ogni Millennial sogna da una vita ed è più che meritato.
Ma in questi anni persino l’Uzbekistan sta diventando affollato.
L’Uzbekistan, capito?
Uno di quei posti che anni fa si usava per dire proprio “un posto nel nulla, dove non c’è nessuno, remotissimo”, tipo Timbuktu (che tra l’altro è dove spedirono il non-tanto-buon “Edgar, vecchio volpone” degli Aristogatti, alla fine dell’omonimo film…chissà come se la passa).
Complici le compagnie low cost e i viaggi di gruppo organizzati, anche le mete più remote sono ormai diventate alla portata di tutti e sembra impossibile trovare un posto dove trascorrere le proprie vacanze dove sicuramente non incontrerete il vostro odioso vicino di casa.
Non conosco la soluzione definitiva a questo fenomeno, ovviamente, però posso offrirvi una lettura personale del periodo che stiamo vivendo in tema di soggiorni vacanzieri.
C’è da chiedersi, intanto: "qual è lo scopo della mia vacanza"?
Le opzioni sono molteplici: voglia di avventura, di novità, di rilassarsi. E qui, un approfondimento è dovuto: cosa significa per te relax? Magari dormire tutto il giorno su un lettino al sole, oppure visitare un posto mai visto prima. Sì, ma...anche a costo di sgomitare tra la folla, non trovare mai posto al ristorante, non entrare in contatto con la cultura locale?
Vale poi la pena di domandarsi: lo farei lo stesso, se non potessi mostrarlo a nessuno?
Vi assicuro che la domanda è banale solo all’apparenza.
I social media giocano un ruolo fondamentale in questa triste storia.
Le persone innanzitutto non vogliono far vedere che anche quest’anno sono state nello stesso posto dello scorso, o che anche questo Natale non andranno in Perù.
Non è da sottovalutare, inoltre, l’origine del nostro desiderio di recarci “costi quel che costi” in determinati luoghi. E qui torniamo alla pagina del questa-volta-buon Armeni: l’algoritmo, che ci mostra quello che vogliamo vedere, ma di più di quello che gli avevamo detto di volere, ci fa venire voglia di vederne di più.
Perdonate la frase contorta e cercate di seguirmi nel ragionamento.
Chi intraprende molti viaggi è probabilmente già di per sé una persona che ama viaggiare - e fin qui tutto bene -, eppure, specie dopo la fine dell’emergenza pandemica, si è notato un incremento incontrollato del turismo, la cui origine va forse al di là della semplice passione per i viaggi; stare chiusi in casa forzatamente ha fatto sì che l’impulso di vedere tutto e subito attecchisse con maggior forza, specie in chi si è ritrovato (grazie amico algoritmo) il feed di Instagram e Tiktok invasi da consigli per gite fuori porta, viaggi imperdibili ed esperienze uniche.
Sono sicura che se approcciassimo il nostro tempo libero, in generale, con più sincerità nei nostri stessi confronti e con meno attenzione verso il giudizio del prossimo (che sta a sua volta temendo il nostro), si allenterebbe la tensione costante che aleggia intorno al tema “ferie”.
Viviamo già la quotidianità con la mira perfezionistica di chi non può farsi scappare niente (da qui il termine “FOMO”, fear of missing out) che ci spinge a fare più cose possibile e a fraintendere la decisione di non farle per “pigrizia”, che ci fa provare un forte senso di colpa.
Ma la soluzione non è andare al mare in un paesino della Liguria e pubblicare il video dei panni stesi al sole con la dicitura “vita lenta”. Non è la lentezza l’antitesi di questa frenesia, quanto piuttosto lo sono l’originalità, la sincerità, l’autenticità.
Come fuggire quindi dall'over-turismo?
Invece di selezionare una meta dalla "travel bucket-list", proviamo a chiederci cosa cerchiamo davvero, o in che modo una vacanza può arricchirci, lasciandoci qualcosa di più duraturo di scatti già visti da ripubblicare sui social (lo so, facile a dirsi, eppure vi assicuro che esistono formule inesplorate e luoghi che nella loro semplicità regalano emozioni davvero uniche! Basta avere il coraggio di sceglierle).
O ancora, domandiamo a chi è stato a Bali com’è stato davvero il loro viaggio: forse scopriremo che rischiare la diarrea fulminante a ogni piè sospinto, stare in coda sotto il sole per scattare una foto in un luogo in realtà pieno di rifiuti e farsi fare la pipì sulla spalla dalle scimmie non rientra, effettivamente, nel nostro concetto di “relax”. O forse sì.
Decidere con consapevolezza, andando all’avventura ma senza cercare a tutti i costi quella esperienza specifica promessa da Internet (l’influencer ha detto che c’è una gelateria buoniiiiissima da non perdere, eppure è quella con più coda: vi ci sareste messi, se non aveste saputo che il gusto “cardamomo e lime” è in assoluto il più autentico di tutta New York?).
In conclusione: a chi piace davvero il Matcha?
Riflettiamoci.
E.
Commenti
Posta un commento